martedì 8 ottobre 2013

Cartella esattoriale e violazioni del codice della strada. Termine per impugnare.

La sesta sezione civile della Cassazione con la sentenza n.21043 del 13 settembre 2013 ha stabilito che il termine per impugnare una cartella esattoriale di pagamento per violazioni del codice della strada, qualora non preceduta dalla notifica del verbale di contestazione, è di 60 giorni, dovendosi in questo caso applicare il termine di cui all'art.204 bis del codice della strada.

Di seguito la sentenza:
Con ordinanza pronunciata in data 6 dicembre 2010, relativa al procedimento R.G.N. 573/C/2010 (depositata il 6 dicembre 2010) il Giudice di pace di Imperia dichiarava inammissibile l'opposizione proposta dalla .... s.r.l. nei confronti della Prefettura di Genova e di Equitalia Esatri s.p.a. avverso la cartella di pagamento n. 068 2010 05198088 86, ricevuta il 7 ottobre 2010 in relazione al verbale di contestazione della Polizia Stradale di Imperia riguardante infrazione al codice della strada...... La .... s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 7 e 8 giugno 2011 e depositato il 24 giugno 2011), illustrato anche da memoria ex art. illustrato anche da memoria ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c., nei riguardi del predetto provvedimento formulando un unico motivo.Le Amministrazioni intimate non si sono costituite in questa fase.Il consigliere relatore, nominato a norma dell'art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all'art. 380 bis c.p.c., formulando una proposta di rigetto del ricorso.
Va pregiudizialmente ritenuta l'ammissibilità del ricorso ai sensi dell'art. 23, comma 1, della legge n. 689 del 1981, atteso che il provvedimento opposto appare evidentemente fondato sulla considerazione del giudicante della tardività della proposizione del ricorso avverso la cartella esattoriale, pacificamene ricevuta dalla ricorrente il 7 ottobre 2010. Ciò posto, osserva il Collegio che il ricorso è fondato e pertanto merita accoglimento. La censura proposta ha per oggetto la questione se l'opposizione a cartella esattoriale emessa per il pagamento di una sanzione amministrativa per violazione del codice della strada con cui si deduca l'illegittimità di tale atto per omessa notifica del verbale di contestazione della violazione debba proporsi nel termine di 30 giorni stabilito dalla L. n. 689 del 1981, art. 22, ovvero nel termine di 60 giorni previsto dall'art. 204 bis C.d.S.. Sul punto invero in passato si è registrato un contrasto di opinioni da parte della giurisprudenza di questa Corte, il cui orientamento prevalente a favore della conclusione che sopra si è indicata per prima (Cass. n. 9180 del 2006; Cass. n. 18730 del 2004; Cass. n. 4194 del 2004; Cass. n. 12545 del 2003) è stato di recente abbandonato a favore che della soluzione più vantaggiosa per il ricorrente (Cass. n. 3647 del 2007). Ad avviso del Collegio allorché sia mancata, come aveva dedotto l'opponente, la precedente contestazione della violazione, l'impugnazione della cartella esattoriale ha funzione “recuperatoria” del mezzo di tutela che non aveva potuto a suo tempo essere esperito, sicché l'opposizione deve ritenersi proponibile nel termine non già di trenta, bensì di sessanta giorni dalla notificazione: termine applicabile, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, cui si ritiene di dare continuità, proprio al ricorso avverso i verbali di accertamento di infrazioni di norme in materia di circolazione stradale (v., per tutte, Cass. 13 giugno 2005 n. 12626). L'opzione interpretativa accolta, oltre che trovare sostegno sul piano dogmatico, appare altresì quella più consona ai valori costituzionali dell'effettività della tutela giurisdizionale e dell'uguaglianza, tenuto conto che essa restituisce al ricorrente la medesima posizione giuridica che avrebbe avuto se il verbale di contestazione della violazione, come previsto dalla legge, gli fosse stato a suo tempo notificato, mentre la soluzione inversa comporta, come conseguenza a carico del ricorrente, la riduzione del termine di opposizione da sessanta a trenta giorni per effetto di una mancanza - l'omessa notificazione del verbale - che invece è imputabile alla sola controparte Amministrazione, finendo cosi per favorire, con riferimento ad un aspetto non certo trascurabile qual è quello del termine perentorio per impugnare, la stessa Amministrazione e, per converso, sanzionare il destinatario della cartella, che è chiaramente incolpevole dell'omissione. Per tali ragioni il ricorso è accolto e, per l'effetto, la sentenza cassata, con rinvio della causa ad altro giudice di pace di Imperia, che si atterrà, nel decidere, al principio di diritto sopra enunciato e provvederà anche alla liquidazione delle spese.

giovedì 3 ottobre 2013

Cartella di pagamento, vizi propri e provvedimenti giudiziari.

La sezione tributaria della Cassazione con la sentenza n.15652 del 21 giugno 2013 approfondisce il tema della impugnabilità della cartella per vizi propri.
Com'è noto, di regola la cartella di pagamento è impugnabile solo per vizi propri.
Tale principio trova eccezione allorquando il contribuente viene a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notifica della cartella medesima.
Precisa la Cassazione che tuttavia quando la pretesa impositiva sia fondata su provvedimenti giudiziari, il contribuente non può impugnare la cartella, ma deve esperire i mezzi di impugnazione previsti dalla legge.

Di seguito la sentenza:

S.G. proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Caserta avverso la cartella esattoriale con la quale il Servizio di Riscossione Tributi di Caserta gli aveva intimato, in virtù di iscrizione a ruolo, il pagamento della somma di euro 10.860,43, dovuta -a titolo di IRPEF, ILOR ed interessi- in seguito a decisione della CTR Campania, che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva confermato la legittimità dei relativi avvisi di accertamento concernenti gli anni 1990 e 1991.
A sostegno del ricorso assumeva che, dopo la sentenza di primo grado che aveva annullato entrambi gli avvisi, non aveva avuto alcuna notizia di un presunto appello dell'Ufficio avverso detta sentenza.
L'adita CTP accoglieva il ricorso, rilevando che la cartolina di ricevimento della raccomandata, con la quale l'Ufficio aveva assunto di avere spedito l'atto di appello presso il procuratore rag. A. B., recava una firma non riconducibile al detto procuratore.
Con sentenza depositata il 7-11-2005 la CTR Campania accoglieva l'appello dell'Ufficio; in particolare la CTR rilevava, in conformità con precedente statuizione della S.C., che, nel caso (quale quello di specie) di notifica effettuata presso lo studio del professionista presso il quale il contribuente aveva eletto domicilio, si doveva presumere che la persona che aveva ricevuto l'atto fosse abilitata alla ricezione; in ordine alle sanzioni evidenziava che l'Ufficio aveva proceduto per tutte le violazioni riscontrate ed aveva applicato il principio del favor rei.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione il contribuente, affidato a tre motivi; resisteva l'Agenzia con controricorso.
Con il primo motivo il contribuente, deducendo violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 16,20 e 53 d. Igs. 546/92, nonché dell'art. 141 cpc e dell'art. 7 L. 890/82, ribadiva che la cartolina di ricevimento della raccomandata, con la quale l'Ufficio aveva assunto di avere spedito l'atto di appello presso il procuratore rag. A. B., recava una firma non riconducibile al detto procuratore, sicché, alla stregua delle predette norme, essendo stata eseguita la consegna a persona non identificabile e senza l'attestazione della qualifica della detta persona, la notifica dell'atto di appello doveva essere dichiarata nulla.
Con il secondo motivo il contribuente, deducendo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, si doleva che la CTR aveva affermato la sussistenza della presunzione di cui sopra senza fornire al riguardo una pur mima motivazione.
Con il terzo motivo il contribuente, deducendo violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 3 e 12 d.lgs 472/97, rilevava che l'Ufficio, in sede di iscrizione a ruolo, non aveva provveduto al ricalcolo delle sanzioni irrogate negli avvisi di accertamento, ed aveva erroneamente determinato le stesse, senza considerare che il predetto art. 12 prevedeva la determinazione di una sanzione unica e che il su menzionato art. 3 stabiliva il principio del favor rei.
Il primo motivo è inammissibile, con conseguente assorbimento del secondo.
Come è noto, invero, la cartella esattoriale è impugnabile solo per vizi propri e non per vizi dell'atto da cui nasce il debito alla fonte dell'iscrizione a ruolo e della cartella, eccettuati i casi in cui solo attraverso la cartella il contribuente venga a conoscenza della pretesa impositiva e dell'atto con cui è stata accertata. Una siffatta eccezione non trova però spazio quando il debito (come nel caso in esame) sia fondato su provvedimenti giudiziari, i quali debbono essere impugnati con gli specifici strumenti previsti dalla norme processuali (nella specie, con l'impugnazione tardiva ex art. 38, comma 3, d.lgs 546/92), e non possono essere contestati attraverso un ricorso dinanzi al giudice di primo grado avverso la cartella esattoriale (in senso conf. v. Cass. 21477/2004 e Cass. 16641/2011).
Siffatto rilievo non consente a questa Corte di entrare nel merito del motivo medesimo, che, pertanto, come detto, va dichiarato inammissibile.
Il terzo motivo è infondato.
Rileva questa Corte che la CTR ha espressamente affermato che l'Ufficio ha proceduto per tutte le violazioni riscontrate ed ha applicato il favor rei di cui alle su menzionate disposizioni, sicché nessuna violazione e falsa applicazione può ritenersi verificata nel caso di specie; di conseguenza, non essendo stato dedotto alcun vizio motivazionale, il motivo, come detto, va rigettato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento dei compensi di lite relativi al presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 2.200,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma in data 22-5-2013 nella camera di Consiglio della sez. tributaria.

mercoledì 2 ottobre 2013

Art. 36 bis del DPR 600/73 ed eccedenze d'imposta

La Commissione Tributaria Regionale per la Puglia Sezione 11, con la sentenza n.94 del 27/08/2013 n. 94, ha stabilito che il disconoscimento di un'eccedenza d'imposta non può avvenire mediante il procedimento di liquidazione automatica di cui all'art.36 bis del DPR 600/73, essendo invece necessaria la notifica di un apposito avviso di accertamento.
Ciò perché la procedura automatizzata può essere adottata solo in caso di controllo cartolare della dichiarazione sulla base dei dati forniti dal contribuente o quando sia necessaria una semplice correzione di errori materiali o di calcolo e non quando sia necessario risolvere questioni giuridiche o esaminare atti diversi dalla dichiarazione.